L'arte dell'essenziale by Paolo Costa

L'arte dell'essenziale by Paolo Costa

autore:Paolo Costa
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Paolo Costa; L'arte dell'essenziale; Bottega Errante Edizioni; montagna; filosofia; Dolomiti
editore: Bottega Errante Edizioni
pubblicato: 2023-04-17T00:00:00+00:00


Inadeguatezza

Inabile

La mattina prometteva grandi avventure. Io e Fabiano gironzolavamo per Costa come due cani randagi. Il sole bruciava senza scaldare – come capita solo in montagna – e il nostro principale problema era come rendere memorabile il poco tempo che ci restava prima che scoccasse l’ora di pranzo.

Costa, adagiata su una sponda esposta a ovest, è la mia frazione preferita di Zoldo. Un po’ perché c’è nato mio padre, un po’ perché si chiama come me e un po’ perché, per dimensioni, posizione, qualità delle case e dei fienili, è effettivamente un gioiello incastonato nelle Dolomiti. Fabiano nella tasca aveva tre fiammiferi e un pezzo di giornale. Erano una risorsa preziosa perché, senza, non avremmo saputo come accendere il fuoco necessario per scaldarci, nel caso in cui – e capitava spesso – fossimo stati sorpresi da un temporale mentre portavamo le vacche della sua famiglia al pascolo. Avevamo otto, forse nove anni.

Il fuoco, si sa, è un’attrazione irresistibile a tutte le età e la cifra “tre”, se soppesata con una bilancia favorevole, può apparire sufficiente per conciliare vita pratica e sogno. Tutti sanno come funzionano le cose con i desideri umani più sciocchi: la ragione si mette volentieri al servizio della passione se le azioni che quest’ultima suggerisce non hanno risvolti malvagi immediati. La loro pericolosità, poi, può apparire un dettaglio marginale se si prendono le opportune precauzioni e, quando il desiderio scalpita, le precauzioni sembrano sempre più adeguate di quanto effettivamente non siano.

Poco sopra Brusadaz, in direzione del passo Tamai, c’è ancora oggi una radura nel bosco che i vecchi chiamano Ayàl de Dan. È un bel prato pendente in cui in passato si portavano le vacche a pascolare. Quando ci passavo con mio padre accadeva spesso che si fermasse pensieroso sul ciglio della strada che taglia diagonalmente lo spiazzo verde. Allora, senza guardarmi negli occhi, mi raccontava di quella volta che da ragazzo, mentre era impegnato con altri due coetanei in un lavoro per la comunità (la costruzione di uno strop – un parapetto), spinse giù una stanga di larice – na žoncola – per i prati spogliati dal lungo inverno.

Tutto sembrava preparato con cura. Avevano atteso che le persone che stavano pascolando i vitelli se ne andassero; urlato a squarciagola per mettere in guardia chiunque si trovasse nelle vicinanze e passato a setaccio con gli occhi ogni centimetro della radura. Fu solo quando la stanga aveva ormai cominciato la sua discesa inarrestabile verso il fondo del prato che mio padre si rese conto che, nascosta tra le pieghe del terreno, era seduta una vecchina sorda di Costa che non si era resa conto di nulla. A quel punto la pertica, come se fosse telecomandata da un demone dispettoso, fece un’improvvisa deviazione verso sinistra, puntò l’anziana e finì per colpirla sul fianco, fratturandole l’omero. Un’azione altruista, apparentemente ben congegnata, si era tramutata in un lampo in un gesto sconsiderato e il ricordo, anche a distanza di anni, gli dava i sudori freddi.

Ma sto divagando. Resta da chiarire la questione dei tre fiammiferi.



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